In Veneto cresce la raccolta di pile e batterie portatili - Nord Est Economia

2022-07-23 01:28:20 By : Ms. Mix Xie

Con un incremento dei volumi del 5% nel 2021 sull’anno precedente, la regione si posiziona in controtendenza rispetto al trend nazionale che vede una contrazione del 7,5%.

PADOVA. Raccolta pile e accumulatori portatili: nel 2021 Veneto in controtendenza positiva rispetto all’Italia. Secondo il Report annuale del Centro di Coordinamento Nazionale Pile e Accumulatori, l’incremento dei volumi regionali è stato pari al 5,02% sul 2020, per un totale di 794.881 kg di pile e accumulatori portatili raccolti. In aumento del 9,4% rispetto al 2020 anche i luoghi di raccolta (1210). Mentre, nello stesso periodo, il dato complessivo italiano ha segnato una flessione del 7,5%, scendendo a 10.250.252 kg (10.250 tonnellate).

Il calo nazionale del 2021, dopo anni di crescita, arriva con il cambiamento in atto nelle tecnologie di alimentazione energetica dei dispositivi elettrici ed elettronici personali. La quota parte di accumulatori ricaricabili è infatti sempre più ampia rispetto alle pile usa e getta, e questo aumenta i tempi di vita media delle batterie e comporta una diminuzione dei rifiuti disponibili per la raccolta.

«La pila usa e getta ha un ciclo di vita molto breve perché una volta esaurita diviene subito un rifiuto mentre gli accumulatori possono essere ricaricati centinaia di volte e quindi possono essere utilizzati per anni prima di dover essere riciclati», spiega il presidente del CDCNPA, Giuliano Maddalena.

«Lo smartworking e la didattica a distanza hanno amplificato questo fenomeno facendo espandere il mercato dell’elettronica di consumo. Il maggiore utilizzo degli accumulatori riduce quindi la quantità di rifiuti effettivamente disponibili per la raccolta, nonostante la rete sia sempre più capillare ed efficace».

Continua ad aumentare in Italia il numero di luoghi di raccolta iscritti al CDCNPA (punti vendita, centri di raccolta, impianti di trattamento dei RAEE, grandi utilizzatori, centri di stoccaggio e centri di assistenza tecnica), che nel corso del 2021 sono passati da 10.952 a 11.296.

Numero aumentato in quasi tutte le regioni italiane, mentre per la raccolta in termini assoluti è ancora una volta il Nord a registrare i quantitativi maggiori, con Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna in testa.

Ma su pile e batterie portatili l’Italia rimane al di sotto del target di raccolta Ue, che oggi è il 45% calcolato sull’immesso medio nel mercato degli ultimi tre anni. Obiettivo che, con il nuovo Regolamento UE, sarà ulteriormente aumentato a 70% entro la fine del 2025 e 80% entro la fine del 2030.

«Nel 2021 l’Italia ha fatto 35,7%, un calo molto significativo rispetto al 43% del 2019 e al 41% del 2020», dichiara il segretario generale del CDCNPA, l’Ing. Luca Tepsich, che spiega le ragioni: «Da una parte, l’immesso sul mercato negli ultimi tre anni è aumentato in quantità, visto l’aumento negli anni della pandemia degli acquisti di dispositivi elettrici ed elettronici per utilizzo personale e lavorativo anche domestico, ed è cambiato in qualità perché vengono venduti sempre più prodotti con pile più efficienti o ricaricabili e quindi con un ciclo di vita più lungo».

«Dall’altra – continua -, nell’ultimo anno la raccolta è diminuita dalle oltre 11mila tonnellate del 2020 alle 10.250 del 2021 per effetto del calo sofferto dal comparto business, cioè operatori terzi indipendenti e operatori soci del CDCNPA in regime di mercato. Mentre continua a crescere il flusso monitorato direttamente dal Centro, che nel 2021 è stato di 5100 tonnellate, proveniente da centri comunali, piazzole ecologiche, centri di stoccaggio, negozi che chiedono il servizio di ritiro».

A ostacolare la raccolta ci sono poi questioni culturali, strutturali, economiche. Culturali, legate all’atteggiamento nei confronti di questo tipo di rifiuti. Pile e batterie portatili sono infatti oggetti piccoli contenuti in dispositivi in genere poco ingombranti, e quindi spesso rimangono “dimenticate nei cassetti” per anni. Oppure finiscono nei rifiuti indifferenziati, che secondo alcune stime accadrebbe per circa il 20% del venduto.

Strutturali, visto che il dato italiano è sicuramente condizionato in negativo dalla performance peggiore delle regioni del Sud, che scontano una notevole mancanza di strutture di raccolta rispetto al Centro-Nord.

Economiche, poiché raccolta e smaltimento di pile e batterie portatili non si ripagano. «Questi rifiuti non hanno un valore di mercato: gestirli è un costo puro, quinti la spinta arriva solo dalla normativa», sintetizza Tepsich.

Innanzitutto sono attività costose, perché si tratta di prodotti molto diversificati per caratteristiche e composizione chimica: necessitano di attenta selezione per separarli e conferirli in impianti specializzati di trattamento diversi, quasi sempre localizzati in altri Paesi europei perché in Italia c’è solo qualche struttura per l’alcalino. Inoltre, non c’è un ritorno adeguato di mercato sugli elementi ricavati da questi trattamenti, se non per frazioni particolari numericamente irrilevanti.

La raccolta di accumulatori industriali e per veicoli

Tutt’altra storia invece per gli accumulatori industriali e per veicoli, dove il business del riciclo c’è. In Italia, sempre secondo i dati del CDCNPA, la raccolta degli nel 2021 ha raggiunto quota 156.722 tonnellate superando di circa 1.000 tonnellate il livello del 2021.

Il numero degli accumulatori nuovi immessi sul mercato è salito a 377.757 tonnellate, un incremento dovuto anche alla sempre maggiore diffusione dei veicoli a trazione elettrica o ibrida.

La raccolta è principalmente dedicata al recupero di batterie per l’avviamento di veicoli, pari a circa l’85% del totale. Il restante 15% riguarda gli accumulatori industriali (per trazione e stazionamento), come quelli presenti nei gruppi di continuità, nei carrelli elevatori e nelle auto elettriche o a trazione ibrida.

«In Italia la filiera del riciclo del piombo ha 40 anni di storia consolidata, la domanda c’è e infatti, siccome la logica è che ci pensa il mercato, non c’è neppure un obiettivo come tasso di raccolta. Mentre per le batterie industriali non al piombo la norma non prevede un target ma l’obbligo di raccolta e smaltimento dei prodotti esausti, se richiesto dagli utilizzatori finali, da parte di chi li ha immessi nel mercato», spiega Tepsich.

La nuova scommessa sarà quella del riciclo delle batterie al litio. Progetti finanziabili con fondi UE. Come, per esempio, quello che Midac Batteries sta sviluppando a Soave per un impianto di riciclo per la selezione e il recupero delle batterie al litio a fine vita, da utilizzare per alimentare la nuova produzione.

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