Arriva ora la stangata del gas. Rischio default per famiglie e imprese - HuffPost Italia

2022-10-08 21:55:36 By : Mr. Kevin Zhang

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Il primo scoglio da superare per il governo che sta per nascere è quello energetico. Nei giorni scorsi si è tenuta ad Hannover, in Germania, lo IAA Transportation, la principale fiera dedicata ai veicoli commerciali e industriali. Ebbene, nell’albergo dell’aeroporto che ospitava gran parte di espositori e partecipanti provenienti da tutto il mondo, metà dell’illuminazione dei saloni era spenta. Né va meglio per la puntualità dei treni, perché con fiumi e canali in secca per la siccità, il trasporto di carbone e lignite per far funzionare le centrali al posto di quelle a gas, avviene non più su chiatte ma su ferrovia, ritardando i convogli passeggeri. E nonostante tutta una serie di misure di contenimento dei consumi gas, a inizio settembre la Germania ha varato un piano di aiuti da 65 miliardi di euro di aiuti e alcuni giorni fa è stata costretta a nazionalizzare Uniper, il principale importatore di gas del paese, per garantire l'approvvigionamento energetico per aziende, servizi pubblici e consumatori dopo lo stop delle consegne di gas contrattualmente concordate dalla Russia e del forte aumento dei prezzi del gas.

Una crisi di cui non si vede la fine

Tutta Europa si trova in una crisi di cui non si vede ancora la fine. E in Italia solo ai primi di settembre il ministero della Transizione ecologica ha pubblicato il regolamento per “realizzare da subito risparmi utili a livello europeo a prepararsi a eventuali interruzioni delle forniture di gas dalla Russia”. L’obiettivo è tagliare fino a 8,2 miliardi metri cubi di gas: 3,2 da riscaldamento, 2,9 da misure comportamentali e 2,1 da massimizzazione centrali a carbone, olio e gasolio. L’Enea ha calcolato che con il piano Mite, se correttamente adottato, una famiglia potrebbe risparmiare fino a 600 euro.

Ancora il 12 luglio invece per il governo non c’era “alcun bisogno di misure emergenziali” perché “gli stoccaggi di gas procedono regolarmente e hanno raggiunto il 64% della capacità programmata (…) stante questa situazione – diceva la nota Mite – non è prevista l'attuazione di piani di emergenza energetica con misure di risparmio straordinarie”.

Che la situazione non fosse così tranquilla è testimoniato dal decreto legge del Mite che il 21 luglio ha dato mandato al Gse, in stretto coordinamento con Snam, di acquistare gas fino a 4 miliardi di euro con l'obiettivo di riempire del 90% le scorte per l’inizio dell’inverno. Qualche giorno dopo Arera ha deliberato di anticipare a Snam altri 500 milioni, per acquistare gas da immettere negli stoccaggi. Ancora il 23 settembre l’Autorità ha disposto l'anticipo a Snam di ulteriori 800 milioni di euro.

Ora si scopre che il quadro della situazione è più grave di quella dipinto a luglio. E a favore dell’industria il 16 settembre è stato varato un decreto sull'energy release “con 18 terawattora destinati a determinate industrie, con un prezzo di 210 euro/MWh”, come ha annunciato il ministro Cingolani. Una misura apprezzata da Assocarta, l’associazione di uno dei principali settori energivori, che però giudica il costo troppo elevato rispetto alle iniziative di altri Paesi europei. “La continua ascesa del prezzo all’ingrosso del gas, l’incertezza sui contratti di fornitura e i livelli raggiunti dai costi energetici stanno mettendo in ginocchio la produzione industriale italiana fra cui la filiera della carta, un settore essenziale che si vede oggi a rischio di rallentare o fermare la produzione, con ripercussioni non solamente economiche ma anche ambientali”, aggiunge il consorzio Comieco per il riciclo di carta e cartone.

Sotto pressione è una parte importante dell’economia circolare. “L’impennata dei costi dell’energia colpisce, inevitabilmente, anche le imprese del mondo del riciclo”, spiega Fabrizio Vigni, coordinator del Circular Economy Network. “E se si ferma il riciclo si ferma l’economia circolare. Servono misure urgenti: mettere un tetto al prezzo del gas, disaccoppiare il prezzo del gas da quello dell’elettricità, tassare gli extra-profitti. Ma soprattutto dobbiamo accelerare la transizione ecologica, sapendo che c’è un rapporto strettissimo tra economia circolare e transizione energetica. Sviluppare il riciclo significa non solo consumare meno materie prime ma anche ridurre i consumi energetici. Con tre benefici evidenti: ambientali, economici e geopolitici, visto che così si riduce anche la nostra dipendenza da altri Paesi”.

Raddoppio delle bollette il primo ottobre

Per cercare di tamponare l’emergenza il governo è intervenuto con un ulteriore provvedimento tampone: 17 miliardi di aiuti per imprese e famiglie contro la crisi energetica contenuti nella legge Aiuti bis appena varata dal Parlamento uscente. Viene esteso al quarto trimestre il bonus sociale luce e gas, è vietata la revisione dei contratti luce e gas fino al 30 aprile, misura contestata da tutti i principali operatori della vendita di energia. Vengono azzerati gli oneri di sistema elettrici e si estende al quarto trimestre la riduzione dell’Iva e degli oneri generali gas. Inoltre a favore dell’industria viene riproposto il credito d'imposta per le aziende energivore e gasivore, sono previsti crediti d’imposta per l’acquisto di carburante per le aziende agricole e della pesca e viene introdotto un contributo per l’acquisto di carburante da parte del traporto pubblico locale, dell'autotrasporto e del servizio merci su rotaia. Infine l'articolo 12 interviene sulle bollette di luce, gas e acqua delle aziende.

Ma tutte queste misure possono solo ritardare una crisi che rischia di scoppiare quanto prima. Se la situazione dei mercati non cambia - ha lanciato l’allarme l’Arera con una segnalazione al Parlamento - le bollette del gas per le famiglie raddoppieranno all’inizio dell’anno termico, il primo ottobre, mentre la difficoltà a trovare volumi sul mercato all'ingrosso rischia di far saltare gli operatori più piccoli. A parziale tutela delle famiglie, Arera ha deciso che dal primo ottobre determinerà mensilmente invece che ogni tre mesi il costo della materia prima gas, con la conseguenza che i clienti con i contratti di tutela vedranno, di fatto, un aggiornamento mensile delle condizioni economiche.

Nella stessa segnalazione Arera aveva anche sollecitato misure volte a ridurre la domanda “su base volontaria da perseguire anche con apposite e indifferibili campagne di comunicazione” e a identificare “interventi di contenimento della domanda in caso di emergenza”.

L’allarme di Utilitalia

Il primo ottobre è ormai vicino. Ma l’allarme era stato lanciato già ai primi di settembre dal Financial Times che apriva con le preoccupazioni di diversi paesi Ue per le potenziali conseguenze dei problemi di liquidità dei venditori di energia, che secondo alcuni potrebbero innescare una crisi finanziaria. I rialzi senza precedenti e la fortissima volatilità dei prezzi all'ingrosso dell’energia stanno moltiplicando le necessità per gli operatori del settore di integrare le garanzie a sostegno delle proprie transazioni a termine, a livelli difficilmente sostenibili. I margini di garanzia che le società energetiche dovranno pagare in tutta Europa valgono circa 1.540 miliardi di euro.

In attesa che si muova l’Europa nel suo complesso, per esempio disaccoppiando i prezzi elettrici da quelli del gas, il quotidiano della City segnala che la Svezia metterà a disposizione delle utility nordiche garanzie sui crediti per 23 miliardi di euro “per evitare che incorrano in default tecnici”, mentre la Finlandia ha proposto un pacchetto di prestiti e garanzie da 10 miliardi.

Non sono quindi solo le famiglie rischiano di non riuscire a pagare le bollette: anche molte aziende energetiche rischiano di saltare o di non avere gas da fornire ai loro clienti. Il default, stima Utilitalia - che riunisce circa 500 aziende che operano nei servizi pubblici, energia compresa - potrebbe coinvolgere circa 70 imprese energetiche di dimensioni medio-piccole a partire dal primo ottobre. I motivi? Acquistare gas agli attuali prezzi e a condizioni finanziarie che non tutte le utility sono in grado di onorare potrebbe lasciare senza gas le utility e, di conseguenza, le famiglie italiane.

Teoricamente gli utenti finali sono garantiti dal “fornitore di ultima istanza” che al momento sono Hera e Enel. Ma bisogna capire quante utility affronteranno una crisi aziendale, quanto gas sarà disponibile dal primo ottobre, momento in cui partono quasi tutti i nuovi contratti per gli operatori, e infine quanto sarà freddo l'inverno. Il conto, in ogni caso, non sarà indolore. “Se i venditori falliscono i costi si scaricano comunque sulle bollette”, ha spiegato ad agosto il presidente di Arera Stefano Besseghini. La situazione è talmente seria che Il Sole 24 Ore ha titolato sul “rischio default per 100 operatori retail” e parlato di “una bomba a orologeria che nessuno ha disinnescato, anche se da mesi se ne avverte sempre più forte il ticchettio”.

Per parare il colpo è allo studio dell’Ue un intervento d’emergenza (insieme al tetto temporaneo al prezzo del gas) per frenare l’impennata delle tariffe: disaccoppiare il prezzo del gas da quello dell’energia sui mercati all’ingrosso. Il decoupling dei prezzi resta comunque complicato e realizzabile solo in un’ottica di lungo periodo e di ripensamento generale del sistema dei prezzi. Quindi un intervento non semplice e non attuabile dall’oggi al domani perché il sistema del prezzo marginale è in vigore da oltre vent’anni, determinato dal meccanismo messo a punto dall’Ue in concomitanza con il processo di liberalizzazione dei mercati dell’energia. Sul mercato elettrico il prezzo di vendita si forma a partire da quello più alto. Quando i combustibili fossili, tra cui appunto anche il gas, erano più economici e accessibili, il costo dell'elettricità ottenuta attraverso queste fonti non era troppo oneroso. Anzi, questo sistema serviva proprio per non penalizzare le rinnovabili in una fase in cui erano una fonte marginale.

Oggi la situazione si è capovolta. Con il gas russo che ha sfondato il record dei 300 euro al megawattora, tutta l’elettricità finisce per essere venduta a un prezzo molto più alto del suo reale costo. Compresa quella prodotta da altre fonti, come le rinnovabili. Il sistema, pensato per la liberalizzazione dei mercati, adesso risulta non altrettanto funzionale per la decarbonizzazione perché fa pagare troppo le rinnovabili. Così si arriva all'idea di dividere i due mercati, di fare cioè in modo che il prezzo del gas, anch'esso stabilito ogni giorno, non influisca negativamente su quello dell’energia elettrica da rinnovabili.

L’altra possibilità è disaccoppiare il prezzo dell’energia prodotto da fonti fossili da quello delle fonti rinnovabili. Perché con il sistema attuale anche le aziende che hanno scommesso sulle rinnovabili vengono penalizzate. “Noi utilizziamo energia green al 100% in tutte le nostre sedi eppure ci siamo trovati una bolletta quadruplicata per colpa di un meccanismo obsoleto, che va in direzione opposta alla transizione ecologica”, racconta Fausto Jori, amministratore delegato di NaturaSì, che propone di “pagare le fonti rinnovabili senza i costi aggiuntivi che derivano dalle oscillazioni dei combustibili fossili”.

Adesso Bruxelles cerca di correre ai ripari con le prime ipotesi di lavoro a livello Ue per aiutare le utilities dell'energia, con iniziative concrete che potrebbero arrivare nelle prime settimane di ottobre, anticipa l'Ansa da Bruxelles. La Commissione europea, secondo un documento dell'Esecutivo Ue, sta pensando di fare piccoli aggiustamenti al quadro legislativo stabilito dopo la crisi finanziaria del 2008. Per questo si è rivolta all’Esma (l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) che, nella sua risposta, si è detta favorevole all'introduzione di nuovi “interruttori salvavita” per sospendere il trading di strumenti finanziari sull’energia in caso di oscillazioni eccessive e ravvicinate. Una decisione al riguardo dovrebbe essere presa dall'Ecofin del prossimo 4 ottobre.

Intanto però l’industria soffra gli alti prezzi dell’energia. La Ecobat, leader mondiale nel riciclaggio delle batterie, ha annunciato che a partire dal primo ottobre 2022 sospenderà la produzione di piombo negli stabilimenti di Paderno e Marcianise in Italia. Questi impianti hanno una capacità complessiva di 80.000 tonnellate di piombo all’anno. La decisione di sospendere la produzione di piombo è stata presa in risposta ai prezzi estremi dell’energia e ad altri costi eccessivamente onerosi in Italia, che non mostrano segni di miglioramento.

Nel Lazio da inizio settembre otto cartiere su dieci hanno tagliato il numero di commesse o non hanno ancora riaperto dopo la pausa estiva. Troppo alta la spesa per il gas, cresciuta di 14 volte rispetto al giugno 2021. Senza alcun intervento da parte del governo sono a rischio più di 15 mila posti di lavoro e oltre 420 milioni di euro di fatturato.

Per sopperire al caro-energia c’è chi fa da sé. Tre consumatori industriali (Acciaierie Beltrame, Altair Chimica e un operatore del settore chimico-farmaceutico) acquisteranno energia a meno di 60 euro a megawattora per tutta la vita utile dei nuovi impianti da fonti rinnovabili alla cui realizzazione parteciperanno attraverso la nuova società consortile Renewability Scarl, una “community di consumatori” che ha come soci fondatori i trader Epq Srl, partner tecnico, e Dolomiti Energia Trading SpA. Il primo lotto di impianti fotovoltaici da 24 megawatt è stato già realizzato da Marseglia Amaranto Green, che curerà anche le attività di manutenzione degli impianti per tutta la loro vita utile.

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