Inquinamento e pandemia: dopo il Covid-19 avremo un mondo meno inquinato? - Progetto INGEGNERIA

2022-05-28 03:06:15 By : Ms. Rose Qi

Giovanni Sirressi 2 settimane ago Environment, News Leave a comment 162 Views

La pandemia ha segnato in maniera indelebile la vita negli ultimi due anni ma la questione più interessante è come la cambierà nel futuro, infatti molti dei comportamenti assunti sono ormai diventati la nostra nuova abitudine ma ci sono diverse conseguenze che bisognerebbe analizzare per valutarne l’effettiva incidenza. Molte persone hanno cercato di trovare degli aspetti positivi nel clima catastrofico generale e la maggioranza si è concentrata verso lo stesso argomento: la pandemia ha contribuito a ridurre l’inquinamento ambientale?

Mentre eravamo tutti confinati in casa osservavamo le strade dei nostri paesi deserte, ammiravamo in televisione le affascinanti e spettrali immagini di piazze deserte e, probabilmente per farci coraggio, tutti abbiamo pensato che almeno avremmo reso più pulito il nostro pianeta.

Ovviamente non sbagliavamo a fare questo ragionamento a patto di avere chiara la situazione e quindi essere consapevoli del fatto che la situazione sarebbe migliorata ma in maniera limitata, invece chi riteneva che si sarebbe risolta la drammatica situazione ambientale in cui viviamo aveva perso di vista il complesso quadro generale dove il traffico è uno dei responsabili dell’inquinamento ma non certo il solo.

Sono stati diversi gli studi effettuati in questo ambito e tutti hanno constatato una riduzione delle emissioni in aria derivate dal traffico veicolare, in particolare anidride carbonica (che si stima essere diminuita di circa il 17%) e biossido di azoto che è diminuito in media del 30%.

Allo stesso tempo esisteva un mondo al di fuori della nostra casa che non era stato paralizzato e che continuava a produrre per garantire beni e servizi di prima necessità a tutto il mondo, come per esempio il settore agricolo che essendo responsabile di gran parte della produzione di ammoniaca ne ha mantenuto il livello praticamente inalterato.

La stessa situazione si è verificata per ozono e particolato atmosferico, infatti non è sufficiente uno stop temporaneo e limitato per rientrare nei limiti prescritti, d’altronde possiamo descrivere questo fenomeno con la classica immagine di un bambino che prova a svuotare il mare con un secchio.

Inoltre spesso abbiamo sottovalutato il maggior inquinamento prodotto con la nostra vita domestica e infatti gli aumenti dei consumi energetici e delle emissioni prodotte dal riscaldamento hanno reso l’aria molto meno pulita di quello che immaginavamo.

Nella valutazione globale dell’impatto pandemico sul nostro pianeta sarebbe sbagliato ridurre il tutto ad analizzare la percentuale di emissioni in aria, infatti ci sono tanti altri fattori che contribuiscono e nuove forme che non devono essere trascurate.

Il discorso è ovviamente complesso ma l’esempio più comune che ci permette di riflettere sulle conseguenze a lungo termine sono le mascherine, che hanno salvato milioni di persone ma se smaltite male ne possono provocare il peggioramento nelle condizioni di vita di altrettante.

Le mascherine e gli altri dispositivi di protezione individuale sono realizzate con diverse fibre di plastica, in genere polipropilene, che resta nell’ambiente per decenni e si frammenta sempre di più producendo micro e nano plastiche.

Per avere un’idea della gravità del fenomeno basti pensare che ogni giorno vengono gettate 3,4 miliardi di mascherine, in pratica 3 milioni di mascherine al minuto.

Riciclare le mascherine è più complicato rispetto ai rifiuti classici, ma numerose aziende stanno provando ad affrontare la situazione o producendo mascherine biodegradabili oppure lavorandole dopo l’uso per riutilizzarle. I migliori risultati nel campo delle mascherine biodegradabili sono stati raggiunti in Svizzera dalla società HMCARE che riesce a produrle con materiali derivati al 99% dalla biomassa, ma la complessità della situazione è ben dimostrata anche in questo caso dal momento che non viene considerata a impatto zero perché per essere riusata deve essere lavata in lavatrice a 60 gradi.

Nel campo del riciclaggio invece la forma più interessante, allo stato attuale, c’è stata in Australia dove le mascherine triturate vengono usate negli strati base del manto stradale e si sta cercando di farle entrare nell’economia di ricircolo dell’intero settore edilizio.

L’uomo sarà sempre responsabile, consapevolmente o meno, del suo futuro ma di anche di quello di tutto il pianeta; la speranza è che prenda queste esperienze capendo che si può ridurre l’inquinamento ma si tratta di un processo lungo e che soprattutto deve essere organizzato a livello mondiale e costante nel tempo.

Studente magistrale di ingegneria meccanica presso il Politecnico di Bari.

Appassionato di scienza, divulgazione – soprattutto nei confronti dei più giovani – e di sport.

Se ci fosse un metodo ingegneristico per risolvere tutti i tuoi problemi, perché non adottarlo? …

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