L'oro verde dell'Etna: la storia dell'olio extra vergine di oliva tra passato e presente - LiveUnict

2021-11-17 09:55:46 By : Mr. Harley Ye

Quest'anno la stagione della produzione dell'olio extra vergine di oliva in Sicilia si è aperta con un turbolento ciclone, che ha causato gravi disastri soprattutto nel settore agricolo. Nonostante questo, non tutto il raccolto è andato perduto e molti operai hanno potuto approfittare di quel raro dono che solo le olive italiane sanno dare: l'olio extravergine di oliva.

Quella dell'oro verde è una delle tradizioni più longeve di tutti i secoli: sembrerebbe, infatti, che l'uso dell'olio si sia diffuso intorno al 4000 aC, inizialmente in Asia, precisamente nell'odierna Palestina e Armenia. Dall'Asia arrivò in Europa grazie ai Fenici, che, da buoni commercianti, diffusero questo prodotto nel Mediterraneo. I greci non potevano farne a meno e iniziarono a coltivare l'olivo per avere una propria produzione, senza doverlo acquistare da altri popoli. I romani, invece, furono i primi a studiare le varietà dei frutti di questi alberi, distinguendo vari tipi di spremitura.

Nel corso del 1900 il mondo agricolo ha subito una trasformazione. In Italia, soprattutto dopo il boom economico, molte città, che prima erano campagne, iniziarono a costruire edifici in cemento, in quanto economicamente più redditizi, abbandonando così le loro attività in campagna. Anche Catania partecipò attivamente al fenomeno della speculazione edilizia. Ma come venivano raccolte le olive alle pendici dell'Etna?

L'evoluzione delle pratiche di raccolta può essere suddivisa in tre generazioni. La prima generazione (che va dai primi del '900 agli anni '50) raccoglieva in maniera arcaica. I contadini, posti sotto l'albero, deponevano le olive all'interno del cosiddetto "panciotto". Quest'ultima era una maglietta senza maniche che si portava sulle spalle e cadeva come un sacco sullo stomaco. Era cucito dalle mogli o dalle madri, ricavato da pezzi o tessuti di scarto.

Dove gli operai non arrivavano con le scale di legno, poiché i rami erano deboli a reggere il loro peso, si usava un lungo bastone, spesso procurato in natura o localmente, chiamato "caramazzo". Il caramazzo veniva battuto contro i rami per far cadere a terra i frutti. Non c'erano ancora né tende né cassette e dal panciotto il raccolto veniva depositato in sacchi di iuta, che in origine servivano a contenere i chicchi di caffè. La raccolta delle olive, quindi, è avvenuta in maniera ecologica e sostenibile, riutilizzando quanto precedentemente utilizzato per altri scopi. I contadini della prima generazione raccoglievano indiscutibilmente le olive dopo la festa dei morti e la raccolta poteva durare fino all'epifania.

La seconda generazione, invece, è quella che ha sostituito l'uso dei gilet con tende in nylon, molto più comode e pratiche, che hanno velocizzato notevolmente i tempi di lavoro. Le olive infatti cadevano a terra dall'albero per mano umana, o caramello o pettine, uno strumento di plastica dura che si fa passare tra i rami dell'ulivo come un pettine tra i capelli. I sacchi di juta furono sostituiti da casse di plastica, che evitavano di schiacciare le olive durante il trasporto, a differenza dei sacchi stessi. Molti lavoratori a giornata usano ancora queste pratiche durante la stagione di oggi.

L'ultima generazione è la terza, ed è quella che ha introdotto l'utilizzo di tecnologie agricole specializzate, al fine di velocizzare ancora di più la raccolta. Oggi nel mercato c'è anche una vastità di scelta di elettroutensili idonei; tra questi ricordiamo la mietitrice, lo scuotitore e l'aspirapolvere. Tutti e tre spesso sostituiscono la raccolta manuale dall'albero in meno tempo.

Oggi la raccolta per produrre olio extravergine di oliva inizia già a metà ottobre a causa dei cambiamenti climatici, che fanno maturare le olive prima di 50 anni fa. Per molti coltivatori il vero olio extra vergine di oliva è quello che nasce dalla spremitura delle olive che raggiungono il 60-70% di maturazione, e, quindi, non in modo totale. Questa scelta è dettata anche da altri tipi di fattori, come la qualità finale dell'olio. Infatti, se si aspetta troppo a raccogliere e il clima autunnale fa la sua parte con piogge e temporali, l'oliva acerba raccoglie tutta l'acqua e si gonfia fino a maturare. Ma durante la fase di spremitura l'acqua viene separata dal prodotto e non aumenterà la quantità dell'olio finale, ma potrebbe inficiarne la qualità. Le olive dette "grandi" sono ideali per farle "scacciate", cioè da mangiare come antipasto.

Esistono diverse tipologie di olive, ma quelle più diffuse nel nostro territorio sono tre:

La frangitura delle olive avviene nei frantoi, che utilizzano appositi macchinari per la produzione dell'olio. In una prima fase l'oliva viene lavata e separata da rami e foglie e confluisce in un capiente recipiente dove le lame meccaniche le macineranno. In gergo il luogo dove avviene la spremitura è chiamato macina. Un frantoio corrisponde a 240 kg, che calcolati in cassette sono circa 12-13, considerando che ogni cassetta può contenere tra i 20 ei 23 kg. La frangitura può avvenire a caldo oa freddo, a seconda del tipo di macchinario utilizzato dallo stesso frantoio.

La più antica è la molitura a caldo: la temperatura dell'oliva aumenta notevolmente durante i vari processi che portano alla fuoriuscita dell'olio. La spremitura a freddo, invece, è la più moderna: l'olio si mantiene sotto i 27° gradi. Secondo la normativa europea, la macinazione a freddo garantisce una maggiore qualità dell'olio, a differenza della spremitura a caldo che permette lo sviluppo di sostanze inorganiche che dovrebbero essere espulse ma si attaccano al liquido. Quest'ultimo garantisce una resa maggiore.

Durante la molitura vengono espulse molte parti dell'oliva: tra queste vi è la già citata acqua e "olio di sanza". L'olio Sanza contiene parti molto specifiche dell'oliva, come la buccia esterna e il nocciolo interno. I mulini si occupano della separazione e dello smaltimento di questi rifiuti. Alcuni decenni fa, l'olio di sanza veniva portato in apposite raffinerie e veniva rimacinato per produrre un olio più leggero e qualitativamente più povero, ma allo stesso tempo più adatto ad un uso commerciale su larga scala. L'ulteriore scarto della macinazione dell'olio di sanza veniva utilizzato come combustibile energetico per le caldaie.

Al termine della spremitura, l'olio viene ora raccolto dai produttori in lattine di plastica o damigiane di vetro. L'olio è stato misurato in cafiso, cioè 16 kg, e tradotto in litri equivale a 17 litri. Per misurare l'olio esisteva un'apposita bilancia, chiamata in dialetto “bescuglia”: era una bilancia basculante. Su di essa venivano posti i contenitori dell'olio, che erano brocche in lega di alluminio: erano di quattro misure: una che misurava il cafiso e mezzo, un'altra il cafiso, una il mezzo cafiso e quella più piccola misurava il quarto di cafiso. Il cafiso era l'unità fondamentale per capire quanto avevano prodotto le olive. Ad esempio, se da un frantoio uscivano due cafisi, si diceva che l'olio fosse andato a due. Quindi il numero di cafisi prodotti dettava la resa.

Laureata in Lettere Classiche, appassionata di luci rosse e pellicola, si dedica alla fotografia digitale, analogica e istantanea.

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