Milano, Teatro alla Scala - La Calisto - Collegato all'Opera

2021-11-17 10:12:39 By : Mr. Andy Fu

Opera e dintorni ai tempi del 2.0

Il seicento fantasioso, eccentrico, sensuale, neoplatonico e surreale di Francesco Cavalli arriva - si potrebbe dire finalmente - al Teatro alla Scala. Viene infatti rappresentato per la prima volta uno dei massimi capolavori del compositore cremasco, allievo del "divino Claudio" Monteverdi, un audace racconto eroico-comico in cui erotismo, mitologia, -vestizione, saffismo, sopraffazione si mescolano di potere, rapporti adulteri, castighi divini, metamorfosi e apoteosi: La Calisto. Dramma per musica in un prologo e tre atti, tratto da un testo del librettista e impresario teatrale veneziano Giovanni Faustini, tratto dal celebre poema Le Metamorfosi di Ovidio, debuttò al Teatro Sant'Apollinare di Venezia nel 1651, con un ricezione. In tempi moderni l'opera è stata messa in scena raramente, nonostante abbia riscosso un buon successo grazie a produzioni entrate negli annali. Ricordiamo, almeno, quella del 1970 al Glyndebourne Festival, con Ileana Cotrubas e Janet Baker per la regia di Raymond Leppard, riproposta anche negli anni successivi; quello storico del 1993 di Herbert Wernicke e René Jacobs al Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles, riproposto nel 1996 a Berlino, a Salisburgo nel '98, a Lione nel '99 ea Vienna nel 2003; quella del 2017 all'Opéra National du Rhin di Strasburgo con Elena Tsallagova, Vivica Genaux e Filippo Mineccia.

Sul podio dell'Orchestra del Teatro alla Scala su strumenti storici, integrato con l'ensemble Les Talens Lyriques, troviamo, come a Strasburgo, il clavicembalista e direttore Christophe Rousset, fondatore del gruppo musicale francese e già applaudito dal pubblico scaligero nel 2013 per La scala di seta regia di Damiano Michieletto. Il maestro adotta una propria edizione critica, che ben si addice al grande spazio teatrale del Piermarini: la trama musicale viene così ampliata, ad esempio raddoppiando i violini, aggiungendo alcuni strumenti a fiato (flauti e corni), arricchendo il gruppo di basso continuo. (formato, per l'occasione, da violoncello, cembali, organo, reali, tiorba, chitarre barocche, arpa e lirone); inoltre vengono aumentati alcuni ritornelli e, alla fine del secondo atto, viene eseguita l'ouverture dell'opera L'Orione del 1653 al posto del mancante balletto, il tutto per circa due ore e mezza di musica. Con gusto e raffinatezza, Rousset passa con disinvoltura e fluidità dai recitativi al canto misurato, ai duetti e ai trii, tessendo un tappeto sonoro crepitante e limpido, arioso e caleidoscopico, rifinito con garbo, trattenendo i fili del discorso con solida naturalezza. Il risultato è una lettura delicata, duttile e impeccabile, in cui suoni vivaci e cangianti si susseguono ad altri sognanti e ovattati; una regia molto apprezzata dagli spettatori, come dimostra l'entusiasmo che accolse Rousset appena entrato in buca dopo l'intervallo.

Il bello spettacolo porta la firma di David McVicar, che probabilmente tutti ricorderanno per la stupefacente produzione de Les Troyens proposta a Milano nel 2014. La vicenda è trasposta in un'epoca che allude al Seicento, agli anni di Galileo Galilei (lui è tra l'altro la scoperta nel 1610 di Callisto, uno dei satelliti naturali del pianeta Giove). Il palcoscenico (scene di Charles Edwards) è occupato da un osservatorio astronomico con pavimento inclinato e, al centro, un enorme telescopio rotante, strumento attraverso il quale Endymion, seguace del sapere umanistico, osserva la luna e le stelle. Durante il prologo assistiamo a un simposio di scienziati, riferito alla rivoluzione copernicana e al pensiero galileiano. Non mancano riferimenti alla Venezia del Seicento, oasi di libertà intellettuale (e sessuale), in opposizione alla visione oscurantista vaticana incarnata da Giunone, nonché allo splendore barocco (si veda, ad esempio, l'opulento carro di Giove che scende dal cielo, una vera macchina da palcoscenico con due aquile gigantesche, soffici nuvole bianche e un trono). McVicar fa muovere i cantanti con abilità e scioltezza, grazie anche alla passerella che gira intorno alla buca dell'orchestra, collegando il palco al pubblico, senza mai calpestare le scene di seduzione; i singoli personaggi sono ben caratterizzati e individualizzati, tra cui i mimi, le feroci ed energiche ninfe Stefania Bovolenta, Elena Dalé e Aurora Dal Maso, ei turbolenti e belli satiri erotomani di Claudio Pellegrini, Luca Tomao e Antonio Catalano. L'ambientazione è arricchita dalle luci d'atmosfera di Adam Silverman, con una preponderanza del blu; dai video di Rob Vale (scorsi veneziani di Canaletto, cieli stellati, paesaggi boschivi, stagni, le fiamme di Fetonte e l'immancabile Orsa Maggiore); dall'efficace coreografia di Jo Meredith. Una menzione di merito per gli elaborati costumi multimaterici di Doey Lüthi, estremamente fantasiosi ed eclettici, che ben trasmettono l'atmosfera multiforme e talvolta surreale dell'opera, passando dall'abito in stile Re Sole di Giove a quello metallico di Diana. Uno spettacolo, a conti fatti, calibrato e riuscito, in cui convivono armoniosamente momenti di risata (dato soprattutto dalla presenza in scena delle frenetiche creature del bosco, rappresentanti degli istinti più bassi e animali), in un'oasi di poesia immacolata ed elegiaca malinconia (a per esempio, l'eterno addormentarsi di Endimione sul monte Latmos e la malinconia finale, con la separazione tra Giove e Calisto, quest'ultimo imbavagliato con il muso in attesa di essere trasformato in costellazione).

Il cast internazionale è di alto livello. Il soprano israeliano Chen Reiss veste i panni del protagonista con sensualità e grazia. La leggera voce di soprano risuona squisita e dal bel timbro chiaro e luminoso, argentino e brillante negli acuti, meno corposo nei gravi; l'interprete è simpatico e simpatico, tratteggiando in modo credibile una ninfa accorata e, se necessario, innamorata. Il basso Luca Tittoto è un Giove autoritario ed elegante, di forte impatto e regale nel portamento, con una voce cupa e suadente che percorre agevolmente la grande sala teatrale, tonante e granitica nell'emissione. Olga Bezsmertna è una Diana altezzosa e, allo stesso tempo, volitiva e appassionata, facilmente ed efficacemente collocata nel ruolo della dea vergine. Il soprano ucraino ha uno strumento vocale tutto sommato morbido, che ha il suo punto di forza in un registro acuto incisivo e ben ventilato, mentre quello medio-basso è meno consistente. Il controtenore francese Christophe Dumaux è un Endimione amorevole e fresco, dalla voce flessuosa, solida e di buon volume, di un seducente colore ambrato, potentemente espressivo senza mai apparire manierato o suadente nel delineare la languida figura dell'infatuato pastore e astronomo di Diana (o della Luna). Il soprano francese Véronique Gens è una Giunone austera e vivace, scenicamente icastica e distaccata. La dizione è chiara e precisa, il fraseggio è cesellato e ricco di inflessioni, i melismi sono puntuali; la vocalità risuona tutto sommato con buon peso, svettante negli acuti e non sempre a fuoco in quelli gravi. Prediletto del pubblico Piermarini, l'austriaco Markus Werba è un comunicativo Mercurio con mercurio addosso: si distingue per uno strumento baritono malleabile e largo, dall'affascinante tonalità brunita e dalla linea cantata morbida, oltre che per la sua autorevolezza nell'offrire il parola. Il mezzosoprano Chiara Amarù è una Linfea gustosa ed esilarante senza però cadere nel banale. Apprezziamo la voce voluminosa, suadente e vellutata, omogenea in ogni registro e dal tono cremoso striato di intense venature bronzee. Voce piccola e garbata, emessa con grazia e sicurezza, appuntita in alto, il soprano Damiana Mizzi è un satiro volubile e scanzonato, interprete fresco e vivace. Il basso Luigi De Donato, il dio verde Silvano vestito dello strumento vocale allungato e marmoreo, è nobile nel canto e nel portamento. Il tenore canadese John Tessier (La Natura / Pane) si distingue per il suo metallo brillante e la raffinatezza nel fraseggio; vocalmente pungente e scenograficamente aggraziato il soprano Federica Guida (L'Eternità / Furia); musical il mezzosoprano bulgaro Svetlina Stoyanova (Il Destino / Furia). Al termine, un'accoglienza festosa e prolungata dal folto pubblico per tutti gli interpreti, con punte di maggiore entusiasmo per Rousset. La speranza è che, anche in futuro, la Scala di Dominique Meyer mostri in cartellone queste primizie seicentesche; ma, soprattutto, che riusciamo a fare il pieno per le prossime quattro recite: non si vive solo di Traviate, dopotutto.

Teatro alla Scala - Stagione Opera e Balletto 2020/21 LA CALISTO Dramma per musica in un prologo e tre atti Libretto di Giovanni Faustini dalle Metamorfosi di Ovidio Musica di Francesco Cavalli

Giove Luca Tittoto Mercurio Markus Werba Calisto Chen Reiss Endymion Christophe Dumaux Diana Olga Bezsmertna Linfea Chiara Amarù Il satiro Damiana Mizzi Natura / Pane John Tessier Silvano Luigi De Donato Giunone Véronique Gens Eternity / Fury Federica Guide Destiny / Fury Svetlina Bovolenta, Elena Ninfe , Aurora Dal Maso Satiri Claudio Pellegrini, Luca Tomao, Antonio Catalano

Teatro alla Scala Orchestra su strumenti storici - Les Talens Lyriques Direttore Christophe Rousset Regia David McVicar Scene Charles Edwards Costumi Doey Lüthi Luci Adam Silverman Coreografia Jo Meredith Video Rob Vale Nuova produzione Teatro alla Scala Prima esecuzione al Teatro alla Scala

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